Vai al contenuto

Cosa farà alla Fed la donna più potente del mondo

febbraio 3, 2014

Stati Uniti — Inizia l’era di Janet Yellen. Ha rotto il tetto di cristallo più alto, adesso si trova sul tetto della politica monetaria. Missione: stringere un po’ i freni della espansione monetaria. Con un occhio alla disoccupazione e un altro ai mercati emergenti, già in tumulto

Si inaugura ufficialmente lunedì 3 febbraio il regno di Janet Yellen alla Federal Reserve. L’ascesa della sessantasettenne economista dell’Università di Berkeley, attuale vicepresidente della banca centrale americana, ha un enorme valore simbolico. Si faccia da parte Angela Merkel, scrivono i giornali già da mesi, perché da questa settimana è Yellen la donna più potente al mondo. Ma il passaggio di consegne da Ben Bernanke a Yellen ha anche importanti risvolti pratici. Quest’ultima prende il timone della Fed in un momento di transizione per i mercati internazionali, quando le dinamiche che hanno dominato l’economia mondiale negli ultimi cinque anni sembrano improvvisamente in procinto di capovolgersi. Negli Stati Uniti, gli ultimi dati sulla crescita (+3,2% nel quarto trimestre del 2013) suggeriscono che l’economia nazionale sta ora finalmente prendendo quota. E anche il Giappone, il Regno Unito e altri paesi dell’Unione Europea sembrano avviati verso una ripresa. I paesi emergenti, invece, che hanno tirato il carro durante la crisi, si ritrovano improvvisamente nel mezzo di una nuova emergenza. Il calcolo che si presenta a Yellen è quindi assai complesso, ancora di più se si tiene conto del fatto che la situazione in America sta migliorando soprattutto per i cittadini più abbienti, mentre la classe dei lavoratori non è ancora uscita del tutto dal tunnel della Grande Recessione. “Sarà interessante vedere come Yellen gestirà il sempre crescente intreccio dei mercati finanziari mondiali – dice Joyce P. Jacobsen, professoressa di economia presso Wesleyan University in Connecticut – Questo fatto rende difficile per i singoli paesi portare avanti le proprie politiche monetarie indipendentemente dagli sviluppi internazionali”.

Yellen non è certo la prima donna a scalare i picchi dell’economia americana e mondiale, anche se diventa ora la più influente. Negli Stati Uniti, la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren ha portato con grande efficacia sulla scena politica il dibattito sulla disguaglianza sociale. A capo della Securities and Exchange Commission (l’agenzia governativa che vigila sulla borsa) siede da quasi un anno Mary Joe White, la prima donna a rivestire questo incarico. E il Senato si appresta ora a confermare la nomina di un’altra donna, Lael Brainard, alla Board of Governors della Fed, l’organo decisionale della banca centrale. A livello globale, Christine Lagarde, direttore del Fondo Monetario Internazionale, è forse il nome più noto. “Ogni volta che una donna è chiamata a ricoprire una posizione importante nel mondo dell’economia e del business, si aggiunge un’altra incrinatura al tetto di cristallo” (la barriera invisibile che impedisce l’avanzamento al top in organizzazioni, istituzioni, aziende, per discriminazioni non confessate, ndr), dice Jacobsen, che l’estate scorsa ha organizzato una campagna a favore della nomina di Yellen.

Yellen è un’economista di fama e gli esperti dicono che il suo genere ha giocato solo un ruolo secondario nella decisione del presidente Obama di designarla presidente della Fed. Ma oltre alla sua competenza è proprio il suo stile nelle relazioni e nel governo di questioni complesse, che potrebbe tornarle utile mentre cerca di navigare le trasformazioni economiche in atto.  “Yellen è l’archetipo di donna, specialmente se la si paragona a Larry Summers [che a lungo è parso il favorito per questo ruolo] – dice Staci Warden, direttore esecutivo del Center for Financial Markets del Milken Institute di Washington – Intendo dire che è conosciuta per la capacità di cercare e costruire consenso e di tollerare opinioni diverse dalla sua”. Tra le sue prime mosse da presidente incaricato, Yellen ha prescelto Stanley Fischer, ex governatore della banca centrale d’Israele, come proprio vice. “Fischer è un economista brillante, ma non condivide necessariamente la visione di Yellen – dice Warden – Non penso Summers avrebbe fatto una scelta simile”.

Il mandato quadriennale di Yellen inizia sullo sfondo della decisione annunciata la settimana scorsa dalla Fed di proseguire con il cosiddetto “tapering”, il graduale abbandono di quella combinazione di misure di stimolo economico conosciute come Quantitative Easing (QE). Yellen, che è stata sostenitrice del QE ed è considerata una “colomba” della politica monetaria negli Stati Uniti, dovrà determinare se e come continuare a ridurre l’acquisto di bond (titoli del Tesoro e altri garantiti da mutui casa) da parte della Federal Reserve. Dagli originali 85 miliardi di dollari al mese, la banca centrale americana è passata prima a 75 miliardi e ora a 65 miliardi.

“La sfida più importante per Yellen sarà di valutare lo stato del mercato del lavoro negli Stati Uniti e l’impatto che potrebbe avere su di esso la prosecuzione della politica monetaria seguita fin qui, dovendo decidere a che punto queste portino solo a maggiore inflazione e non più alla creazione di nuovi posti di lavoro – dice Phillip L. Swagel, professore di Politica Economica Internazionale presso l’Università del Maryland – Ma non è cosa facile, soprattutto perché ancora non sappiamo se i milioni di lavoratori che sembrano aver abbandonato la ricerca di un posto torneranno ad attivarsi una volta che l’economia marcerà di nuovo a pieno regime”. Se ciò non dovesse accadere, se la Fed dovesse arrivare alla conclusione che quei lavoratori sono persi per sempre, c’è caso che finisca per procedere a una stretta della propria politica accomodante in anticipo rispetto alle previsioni dei mercati, e questo potrebbe causare del tumulto inatteso.

Tumulto che ha già colpito i paesi emergenti, con Argentina, Brasile, Turchia e Sudafrica da qualche giorno in preda a un’improvvisa crisi valutaria. Queste turbolenze hanno solo in parte a che vedere con le scelte della Fed, alla loro origine esistono grossi problemi strutturali interni. Ma non c’è dubbio che prima l’intervento per ridurre il più possibile i tassi di interesse — che ha fatto fluire enorme liquidità verso i mercati emergenti — e ora la lenta ritirata dal “quantitative easing”, che sta avendo l’effetto opposto, stiano esacerbando la situazione. “Abbiamo visto l’estate scorsa [quando Bernanke ha incidentalmente accennato alla possibilità di ridurre gli stimoli monetari, causando il panico sui mercati internazionali] come sia difficile rivedere lo straordinario accomodamento della politica monetaria della Federal Reserve – dice Anil K. Kashyap, professore di economia e finanza alla Booth School of Business dell’Università di Chicago – La questione è se Yellen sarà capace di farlo senza incorrere di nuovo negli stessi grattacapi avuti da Bernanke”.

Per quanto i governi dei paesi emergenti stiano già tempo supplicando la Fed di procedere con il massimo della cautela nell’inversione di rotta, il mandato della banca centrale di Yellen è di proteggere gli interessi dell’economia americana. “La Fed agirà solo se i problemi dei mercati emergenti avranno un impatto rilevante sugli Stati Uniti – dice Swagel, che tra il 2006 e il 2009 è stato sottosegretario alla Politica Economica presso il dipartimento del Tesoro – Altrimenti i mercati emergenti se la dovranno cavare da soli”.

Pubblicato originariamente su Pagina99

No comments yet

Lascia un commento